martedì 30 dicembre 2014

IL COMUNISMO DELLE OPINIONI ovvero Perduti in un mare di stronzate: chi ci salverà?

Riporto questo articolo chiedendomi ancora una volta: 

SIAMO DAVVERO SICURI CHE LA DEMOCRAZIA SIA LA STRADA GIUSTA?
“Uno dei tratti salienti della nostra cultura è la quantità di stronzate in circolazione, alla quale ognuno di noi contribuisce secondo le proprie possibilità. […]
Black[i] parla di sciocchezze e propone una serie di sinonimi: stupidaggini, sproloqui, fesserie, ciance, balle, imposture, ciarlatanerie, fornendo la seguente definizione di sciocchezza: rappresentazione ingannevole, pur senza giungere alla menzogna, soprattutto per mezzo di parole o atti pretenziosi, dei propri pensieri, sentimenti o atteggiamenti. […]
Ebbene, si può plausibilmente proporre una formula molto simile per enunciare le caratteristiche essenziali di stronzate.”[ii]

Che le stronzate in circolazione siano tante è difficile da negare. Com’è difficile ammettere di contribuirvi, ciascuno per la sua parte.

Le stronzate non crescono ugualmente bene su tutti i terreni. 
Più la materia è opinabile e dai contorni incerti, meglio attecchiscono. Da questo punto di vista la Politica è un terreno perfetto. Quelli di destra sono convinti che le stronzate siano prerogativa di quelli di sinistra e quelli di sinistra che siano appannaggio della destra.

Ma perché le stronzate dovrebbero preferire la destra, oppure la sinistra?

È sufficiente che uno, di qualunque parte sia, s’avventuri su un terreno che non conosce e la stronzata è lì che lo aspetta, bella e fumante. Per evitarla bisognerebbe non parlare di ciò che non si conosce. Ma ci sono moltissime cose che non conosciamo e su cui tuttavia non sappiamo resistere alla tentazione di esprimere la nostra opinione. Perché è opinione consolidata (una stronzata?) che in democrazia un’opinione non si neghi a nessuno e che le opinioni siano tutte ugualmente rispettabili. E così le stronzate, complici i mezzi di comunicazione di massa, hanno raggiunto l’attuale livello.

Si sperava un tempo che l’instaurarsi di una conoscenza diffusa avrebbe aiutato a capire; oggi è evidente che non aiuta a distinguere le realtà effettuali dalle false prospettive, quando queste sono troppe. Non per colpa degli strumenti che le divulgano, ma per esclusivo merito di chi le produce.

Oltre al genere anche la complessità dell’argomento contribuisce a creare l’habitat delle stronzate. Quanto maggiore è la complessità tanto più diventa difficile valutare gli effetti che un’azione produrrà sul contesto; regolato da una serie di variabili interne che, oltre a influenzarsi tra loro, sono a loro volta influenzate da un numero spesso ancora maggiore di variabili esterne. Quanto più le cose sono complesse, tanto più è facile cacare stronzate. Che non sono espresse a fin di male, per trarre in inganno qualcuno, ma per divulgare la propria verità, quella “vera”; che spesso ne contengono addirittura un pezzettino, ma troppo piccolo per renderle utili a capire come funziona.

A questo punto viene spontanea una domanda: se è vero che dell’enorme mole di opinioni in circolazione soltanto poche sono utili a capire, mentre il resto rende solo il profilo della conoscenza più incerto e ingannevole; se è vero che è tanto più difficile distinguere quelle buone da quelle false quanto più l’insieme è grande e incontrollato; se è vero che un simile stato di cose non giova a nessuno, neppure a chi ne è l’artefice (posto che parliamo di stronzate e non di menzogne), se è vero tutto questo, non sarebbe cosa buona e utile per tutti provare a regolare la quantità di sciocchezze in circolazione?

Posto che lo sia, come si fa?

Che io sappia ci sono a disposizione tre strade e mezza:

a) Educare i divulgatori ad essere critici inflessibili delle proprie opinioni.

b) Bandire i mezzi di comunicazione di massa.

c) Controllare gli accessi ai mezzi di comunicazione, per bloccare le stronzate quando cercano di entrarvi.


L’ultima strada la chiamo mezza perché non è una teoria ma uno strumento, con tutti i punti deboli degli strumenti, che valgono solo se funzionano e si fa in fretta a verificare se funzionano. Suona pressappoco così:

d) Informare chi investe nelle opinioni del rischio che corre. Una specie di Standard & Poor’s Ratings Services dei mezzi d’informazione. Da AAA (eccellenti capacità di esibire le fonti e di onorare le opinioni assunte), a C (Inattendibile, privo di fonti, labile, improvvisato, in bancarotta permanente sul versante della logica e della credibilità )

L’ipotesi a) è la più bella. Risolve il problema alla radice. Se ne parla da che se ne ha memoria. Nessuno sa come si fa e quanto tempo serva, dunque se sia realizzabile. Finora non ci si e mai andati neppure vicini.

L’ipotesi b) è antropologicamente irricevibile. Tornare alla pergamena e alla penna d’oca sarebbe come ammettere il fallimento del progresso tecnologico, a cui stiamo dedicando il nostro tempo dal giorno della nostra comparsa sulla terra; un fallimento oltretutto contrario all’evidenza.

L’ipotesi c), tener fuori dalla rete le opinioni abnormi, offensive, contraddittorie, illogiche, indimostrate, infondate: sembrerebbe l’uovo di Colombo. E lo sarebbe se credessimo che l’Autorità venga dall’alto. Ma in Democrazia, dove si conviene che venga dal basso, chi decide quali sono le opinioni da tener fuori? chi delega chi? la maggioranza? e chi dà voce alla minoranza? Domande a cui è difficile dare risposte soddisfacenti.

L’ipotesi d), la mezza, è un classico del sistema capitalistico: si fa quel che si può, piuttosto che niente è meglio piuttosto. Io te lo dico, poi tu sei libero di impiccarti con le tue mani. È uno strumento certamente manovrabile da interessi perversi e non privo di pecche, si pensi a Lehman Brothers, che Standard&Poor’s valutava con una bella A fino al 18 luglio 2008 e che il 15 settembre dello stesso anno dichiarava fallimento. Tuttavia, rispetto alla c), ha due vantaggi:
non vieta nulla a nessuno.
fornisce informazioni a chi investe (il proprio denaro o il proprio tempo) sulla qualità di ciò che compra.

Tant’è che, oltre alla Finanza, perfino la Scienza ha sentito il bisogno di dotarsene. Ad esempio “Nature” non ha mai pubblicato i lavori di Davide Vannoni e quando ne ha parlato lo ha fatto in termini negativi, per mettere sull’avviso chi fosse tentato di crederci. Senza tuttavia impedire, a chi voleva, di continuare a credere in “Stamina”.

Si sta facendo qualcosa di simile per Cliniche e Università, una cosa che, con le dovute precauzioni, avendo ben presenti gli interessi economici in gioco, che possono snaturare il giudizio, è senz’altro utile a chi debba scegliere un’Università per il figlio, o una Clinica per sé.

La parte più difficile, trattandosi di opinioni, è innanzitutto individuare le grandezze utili per misurarne affidabilità e autorevolezza; poi disegnare l’architettura e le regole di funzionamento dell’Ente che vi dovrebbe provvedere.

Argomenti a favore:
Con gli strumenti ci sappiamo fare. È la peculiarità che ci ha consentito di scavalcare tutti gli altri nella gerarchia animale.
Gli strumenti, a differenza delle teorie, non hanno bisogno d’essere difesi per questioni di principio, contro l’evidenza dei fatti. Si possono tranquillamente migliorare strada facendo senza dover abiurare alcunché.

Parrebbe la cosa più agevole, con le maggiori probabilità di dare qualche risultato utile in tempi ragionevoli. Buona per chi preferisca migliorare qualcosa nell’aldiquà, piuttosto che attendere in eterno la soluzione perfetta.

[i] Max Black, The Prevalence of Humbug, Cornell University Press, Ithaca 1985

[ii] Harry G. Frankfurt, Stronzate, Princeton University Press, 2005

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