Depressione, senso della realtà, e sistema in cui viviamo
(seguito ideale degli articoli sul sistema in cui viviamo)
1. La depressione. Premessa. 2. Cosa c'è di vero nella psicologia e nella psichiatria. 3. La depressione. Cosa è e cosa non è. 4. Brevi cenni sulla cosiddetta "mancanza di senso della realtà" del depresso. 5. Come si cura. 6. Il grande inganno di Freud e Jung. 7. In conclusione.
Paolo Franceschetti
1. La depressione. Premessa.
La depressione è una delle condizioni più comuni dell'uomo moderno (ma probabilmente anche di quello non moderno). E' considerata una "malattia", e si cura con la psicoterapia o con i farmaci. O con entrambe le cose.
In linea di massima si distingue una depressione endogena e una esogena. Quella endogena, come dice il nome, viene da dentro, è una sorta di predisposizione genetica. Quella esogena è invece creata a seguito di eventi esterni come lutti, separazioni, difficoltà varie.
Nella cura delle depressione ci sono due grosse scuole di pensiero: quella farmacologica, di cui uno degli esponenti più famosi è Cassano, che ha scritto il libro cult "E liberaci dal male oscuro", e quella psicologica. La prima fa leva prevalentemente sulla cura con farmaci, e nelle sue massime aberrazioni arriva a sostenere che qualsiasi depressione dipende da uno squilibrio biochimico che può essere sistemato con dei farmaci.
La seconda fa leva prevalentemente sulla psicoterapia, in tutte le sue forme (scuola psicanalitica, comportamentale, cognitiva, umanistica, ecc.).
2. Cosa c'è di vero nella psicologia e nella psichiatria.
Le tecniche psicoterapeutiche proposte dalla scienza psicologica e psichiatrica ufficiali contengono molto di vero. Anzi, possiamo dire senza mezzi termini che sono entrambe vere.
Da una parte è vero che la depressione consiste in una reazione biochimica, e che può essere curata con farmaci. D'altronde è anche vero che qualsiasi cosa l'uomo faccia produce una reazione biochimica (anche bere un caffè o cambiare ambiente in cui stazionare), quindi la domanda corretta non è tanto quanto sia corretto l'approccio farmacologico, ma è: lo psichiatra riuscirà a trovare il farmaco giusto? Gli effetti collaterali saranno minori o maggiori degli effetti positivi? E soprattutto: è possibile trovare altre strade, senza effetti collaterali?
Le tecniche psicologiche, meno invasive e con effetti più resistenti nel tempo, sono nel vero quando sostengono che in fondo la causa prima dei nostri problemi sono il nostro comportamento e il nostro modo di pensare, e che cambiando il modo di pensare e conoscendo meglio se stessi si può migliorare la propria vita.
Il grosso limite delle scienze psicologiche però è quello di non intervenire a fornire una risposta alle domande più importanti che l'essere umano si pone (senso della vita, della morte, anima, esistenza di Dio).
E soprattutto a fronte di problemi karmici, la scienza psicologica è spesso impotente, non riconoscendo ufficialmente un karma che possa influire sulla nostra vita presente.
Le tecniche psicologiche, quindi, sono incomplete. E soprattutto mancano di una parte fondamentale: non favoriscono (anzi spesso contrastano) la scienza dello spirito e l'approccio spirituale alla vita (che anzi viene talvolta bollato come delirio mistico, e sintomo di disturbo mentale).
Sinteticamente può dirsi che le scienze psicologiche sono scienze della mente, ma per un corretto approccio alla vita e per la ricerca di una felicità personale occorre anche una scienza dello spirito, perché corpo, mente e spirito, sono un tutt'uno e l'uno non può esistere senza l'altro, e ciascuno di questi aspetti influenza l'altro.
Curiosamente poi la psicologia, che da tempo ha riconosciuto l'importanza di un'integrazione corpo-mente, e di una cura contemporanea del corpo e della mente, ancora non riconosce la necessità di un'integrazione tra corpo, mente e spirito.
La cosa poi è particolarmente paradossale perché il termine psicologia deriva dalla parola greca psiché, che significa anima. Quindi abbiamo, in sostanza, una scienza che si chiama "scienza dell'anima", ma che anziché occuparsi dell'anima si occupa della mente.
3. La depressione. Cosa è e cosa NON è.
La depressione nasce sempre (e sottolineo sempre) senza eccezione, da un problema spirituale.
Se la causa scatenante è stata un lutto importante, in realtà, la causa ultima è la mancata comprensione del senso della morte e della vita.
Se la causa scatenante è stata la separazione dal partner, ancora una volta la causa ultima è in realtà la difficoltà di collocare, a livello karmico e di percorso di vita, il rapporto di coppia.
Spesso poi, nei soggetti più giovani, quello che viene bollato facilmente come "depressione" o "disagio giovanile" è nient'altro che una totale mancanza di un senso spirituale della vita.
Dobbiamo quindi chiarire alcuni punti, chiarendo cosa sia spesso la depressione, ma soprattutto cosa non sia.
Partiamo dalla premessa che siamo una società ove non vengono offerte risposte sul senso della vita e della morte, e dove i principali valori che emergono e che vengono quindi inculcati dai mass media e dalla cultura ufficiale sono il denaro e la notorietà; la nostra è quindi una società malata.
Vivendo in una società malata, la persona adattata alla società è necessariamente, per definizione, malata.
Quindi il depresso, la persona non adattata, e che sente la vita priva di senso, è spesso una persona sana, che non trova la strada per poter vivere sereno.
Gli attacchi di panico, il senso di inutilità, l'ansia, l'apatia, sono spesso reazioni assolutamente normali di un'anima evoluta che mal accetta il materialismo e le regole dominanti nella società.
In particolare gli attacchi di panico (con la paura di impazzire, la paura di morire, o altre paure che si scatenano in momenti particolari) derivano da una sensazione di perdita di controllo sulla realtà, assolutamente fisiologici per poter prima o poi evolvere e maturare; è infatti naturale che la falsa sensazione di aver tutto sotto controllo, di poter capire tutto, di poter spiegare tutto secondo canoni razionali, prima o poi provochi un corto circuito nella mente, che si ritrova a perdere completamente il senso della realtà. In altre parole, la persona normale, abituata a vivere secondo canoni di razionalità, è costretta a tenere sotto controllo, coscientemente o inconsapevolmente, delle sensazioni istintive e irrazionali, che prima o poi non possono che esplodere tutte insieme, generando quello che si definisce, appunto, attacco di panico, ma che può essere controllato con semplicissime tecniche (spirituali o non).
Il depresso è quindi spesso una persona che trova inutile la vita (e ha ragione, perché di fatto ce la presentano così), che trova senza senso le occupazioni della maggior parte delle persone, e ha difficoltà a trovare qualcosa che lo realizzi.
La depressione, insomma, nasce da una distonia tra ciò che la persona percepisce intuitivamente (la vita non ha senso) e ciò che la società cerca di imporgli (la vita ha senso: devi solo trovare un qualsiasi lavoro, possibilmente molto remunerativo; trovare una famiglia; e adeguarti alla regole).
Il depresso, in altre parole, intuisce che qualcosa non va nella società come gli viene presentata, ma non sa cosa sia questa cosa che non va.
"Sente" che la realtà non è esattamente quella che gli viene raccontata dai mass media, ma non ha mezzi per contrastare questa sensazione. Ed essendo il depresso spesso una persona sensibile e intelligente, giustamente mette in discussione se stesso prima della società, e pensa che la chiave di ciò che non va stia in lui, non nella società.
Ma il punto è questo: la realtà è veramente diversa da come ce la presentano. E', in effetti, senza senso, o perlomeno, non ha il senso con cui ci viene presentata dalla cultura ufficiale. Di questo aspetto abbiamo parlato tante volte nel nostro blog e, anzi, possiamo dire che, in fondo, un po' tutto il blog e il percorso fatto in questi anni è volto a cercare di capire la realtà come effettivamente è, e non come ce la presentano (www.paolofranceschetti.blogspot.com).
Quanto al senso di irrealtà che spesso il depresso sente, è quindi una sensazione dovuta spesso al fatto che in effetti molti aspetti della realtà in cui viviamo sono effettivamente irreali.
Il depresso (ma anche la persona che ha il classico disagio giovanile), possiamo concludere, è semplicemente una persona che ha delle sensazioni corrette, ha cioè una reazione sana ad una società non solo malata, ma basata su una sorta di realtà virtuale.
4. Brevi cenni sulla cosiddetta "mancanza di senso della realtà" del depresso.
Tutta la nostra società è costruita, in realtà per mandare in depressione le persone sensibili e intelligenti, e mandare avanti le persone maggiormente adattabili e allineate col sistema.
Molte cose le abbiamo già dette in alcuni articoli e quindi non le ripeterò (La manipolazione spirituale dei mass media; La magia, cos'è e perché viene utilizzata in segreto).
Qui mi limito solo ad alcune osservazioni.
In una società in cui il metro di valutazione del valore di una persona e della sua bravura è il guadagno, le persone che guadagnano di più sono i calciatori, i presentatori TV e alcuni attori di successo, nonché alcuni top manager di alcune grandi aziende.
Le persone che guadagnano di meno sono in genere gli artisti, i poeti, i mistici, i filosofi, gli insegnanti.
Il Dalai Lama, il capo di stato più saggio del pianeta, va in giro detronizzato, senza stato e con pochi soldi, vestito con dei sandali e una tonaca. I presidenti degli USA che, dopo l'eccezione costituita da Kennedy, rappresentano la punta più bassa dell'intelligenza umana, incapaci di esprimere un qualsiasi concetto originale e intelligente, sono a capo della nazione più potente del pianeta.
Nell'arte, le persone capaci e con talenti vengono messe da parte, e spesso da piccoli consigliate di cambiare lavoro, per trovarsi un "lavoro serio". Mi è capitato spesso di vedere persone con grandi talenti artistici che quando, finalmente, non riuscendo a mantenersi altrimenti, trovavano un lavoro alle poste, o come magazziniere, si diceva di loro che "finalmente ha messo la testa a posto".
In altre parole, la nostra società esalta i lavori più inutili e demenziali, e disincentiva quelli che elevano le persone spiritualmente.
Per giunta nell'ambito dei vari lavori, professioni e carriere, si può constatare come ai vertici ci siano spesso le persone più incompetenti.
In politica ai vertici dei vari ministeri vengono messe persone con competenze completamente diverse (quindi alla giustizia abbiamo trovato ingegneri, medici, o addirittura persone non laureate; alla sanità abbiamo laureati in tutto tranne che in medicina, ecc.).
I politici più famosi sono spesso incapaci di esprimere anche solo una frase di media intelligenza e si tratta di persone a cui uno non chiederebbe un consiglio neanche per comprare del pane.
Gli avvocati più famosi e più pagati sono spesso completamente incompetenti.
Parlando con professori universitari, spesso uno dentro di se si ritrova a dire "sarà pure un genio nella sua materia, per arrivare fin qui, ma certo a me sembra un cretino come persona".
Ai vertici della polizia o dei carabinieri troviamo persone che non hanno mai fatto un'indagine in vita loro. Mentre i poliziotti e i carabinieri più in gamba vengono messi da parte, relegati in mansioni ove non possano fare fastidio.
Nel mondo dello spettacolo, tranne qualche eccezione come Fiorello (dotato di intelligenza e bravura), abbiamo spesso persone che a trovarsele come vicine di tavolo ad una cena ti farebbero addormentare dopo pochi minuti.
Nell'arte prevalgono i mediocri e si arriva a paradossi come quelli di Jeff Koons, uno degli scultori più famosi al mondo, il quale scolpisce falli rosa e altre amenità, o Arnaldo Pomodoro, le cui sculture fanno ridere più ancora del nome che porta, per non parlare di altri come Patrick Tuttofuoco, le cui sculture sarebbero fantastiche per abbellire un giardino, ma il mio amico Valerio me le farebbe meglio e a miglior prezzo (sono infatti sculture molto simili al Garpet di Aldo Giovanni e Giacomo).
Nella musica, scomparsi grandi gruppi come Pink Floyd e Genesis, vendono milioni di copie i dischi di Lady Gaga e Gangnam Style, mentre artisti come Edoardo De Angelis o Eugenio Bennato non se li fila nessuno.
Nella fotografia invece la foto più pagata al mondo (svariati milioni di euro) si intitola "99 cent", e somiglia molto alle foto che io ho scattato nella mia vacanza in America (tant'è che l'ho inserita nelle foto su facebook che ho scattato in Florida, e nessuno si è accorto della differenza), mentre il mio amico Daniele Vita, che scatta foto che sembrano poesie, pur essendo considerato bravo e stimato in ambito locale, in certi periodi ha faticato a pagare l'affitto di casa.
Spesso quindi la depressione nasce, inconsciamente e inconsapevolmente, dal fatto che l'anima si pone questa domanda: ma cosa hanno queste persone che io non ho? Perché io non riesco in quello che faccio e lui sì? Quali sono DAVVERO le regole per potersi esprimere, per poter realizzare quello che uno vuole, perché la vita cominci a funzionare?
Abbiamo poi altre contraddizioni.
Le facoltà che offrono maggiori possibilità di lavoro sono - guarda caso - quelle tecniche.
Le facoltà che offrono meno sbocchi sono quelle artistiche, filosofiche e letterarie.
In altre parole, gli studi più remunerativi sono quelli ove meno contano la fantasia, l'intelligenza, la creatività e l'elevazione spirituale.
Le persone che danno qualcosa, che aiutano gli altri a crescere spiritualmente, che offrono loro un appoggio nella vita, o uno spunto di riflessione, o sono la causa scatenante di un cambiamento di prospettiva psicologica o spirituale, sono spesso psicologi, preti, docenti, insegnanti di discipline alternative, autori di libri filosofici, psicologici, spirituali.
Non mi è mai capitato di sentire qualcuno (amici, parenti, conoscenti) aver preso mai un qualsiasi spunto di riflessione, una massima, una regola, un concetto, un esempio di vita, da Gerry Scotti, Bruno Vespa, Maurizio Costanzo, o da un politico qualsiasi. Eppure sono questi i modelli di riferimento con cui ci si confronta quotidianamente. E quindi sono questi i modelli con cui inconsciamente molti giovani si confrontano e a cui poi, sempre inconsciamente, tenderanno.
Si sente spesso dire, ad esempio, "voglio diventare famoso", "quando diventerò famoso", come se l'essere famosi equivalesse al raggiungimento di un risultato, ad un appagamento, ad una meta. Senza tenere conto che la cosa importante dovrebbe essere il diventare famosi perché si è realizzata una cosa bella, che sia manifestazione della propria personalità, mentre la notorietà come fine in se stesso non assicura nulla (come accade per la maggior parte dei divi della TV, che sono famosi solo perché... sono famosi; e poi cadono in depressione quando perdono la notorietà).
Nella mia vita le persone che mi hanno aiutato a riflettere, a crescere, che mi hanno dato spunti, più o meno importanti, sono stati personaggi come Yogananda, Osho, Givaudan, Aivanhov, Kriyananda, un tempo Erickson, Schellembaum, Daco, Norwood; tra le persone che conosco personalmente posso citare Gabriella Carlizzi, Carpeoro, Cammerinesi, Carotenuto, padre Rolando (che non lo conosce nessuno perché vive in cima a un monte) e tanti altri.
Mai, e sottolineo mai, ho preso un solo spunto di riflessione da Liguori, Vespa, Costanzo, Santoro, Gerry Scotti o Paolo Bonolis, né ho mai preso un solo spunto da autori noti e pure coltissimi come Umberto Eco, incapace di esprimere il benché minimo pensiero spirituale per il progresso del lettore (anzi, le sue opere segnano spesso un regresso, perchè in genere sottilmente e con umorismo, nonchè con molta intelligenza smonta tutti i principali concetti spirituali e arriva a negare l'esistenza dei rosacroce, confraternita di cui invece lui fa parte, ovviamente nel ramo deviato).
Le persone che mi hanno dato qualcosa, insomma, sono sempre state e sono tuttora persone poco note e poco conosciute, spesso nullatenenti.
Nel nostro blog abbiamo in questi anni cercato di dimostrare due cose, tra le tante: che il denaro è creato dal nulla, dalle banche, per portare alla distruzione gli stati e sottomettere il cittadino; e che l'esoterismo è una materia fondamentale, ben conosciuta da chi sta al potere, tanto da essere tenuta segreta alle masse.
Tenendo presenti questi due presupposti, è singolare notare come chi fa del denaro una ragione di vita e pensi solo a guadagnare di più, viene stimato, talvolta considerato un po' avaro e egoista, ma in fondo apprezzato; chi invece si occupa di esoterismo è considerato un mezzo matto, buono spesso per una clinica psichiatrica. Berlusconi è un esempio da imitare; Yogananda lo conoscono in pochi, ma soprattutto chi decidesse di imitarlo seguendone le orme verrebbe preso per matto.
Se un figlio a 18 anni dice "papà, ho deciso che vado a lavorare in una grande multinazionale di New York" (cioè decide di andare a vivere in una metropoli con ritmi di vita folli, a vivere avendo unicamente come fine il guadagno), la maggior parte dei genitori non avrebbe nulla da obiettare; se il figlio dicesse "ho deciso di andare a vivere in una comunità che aiuta i lebbrosi in Africa", verrebbe preso a calci nel sedere.
La figlia che decide di andare in convento per seguire le orme di Gesù, diventa una tragedia familiare; se la stessa figlia diventasse l'amante di Berlusconi e in cambio questi le procurasse un posto in parlamento, probabilmente diverrebbe l'orgoglio di mamma e papà.
Stando così le cose, vivendo in una società che sembra funzionare al contrario di ciò che è logico e normale, è una conseguenza assolutamente naturale che la persona intelligente, con talenti, cada in depressione.
Riguardo alla depressione, allora, la domanda corretta non è "come mai è depresso?". La domanda corretta è "come potrebbe non essere depresso?".
Quando un giovane ha segni di malessere e sembra depresso, non bisognerebbe parlare di "disagio giovanile", ma di disagio della società.
Quando Marco C., un ragazzo di sedici anni che mi scrive su facebook, mi dice che pensa al suicidio, non mi viene da pensare "poveraccio, quanto sta male", ma "ecco un ragazzo intelligente e sano... speriamo che capisca presto che il problema non è in lui ma nella società".
Al depresso non manca il senso della realtà; il depresso invece istintivamente percepisce che qualcosa non va, che la vita è un inganno, che le cose non stanno esattamente come ce le presentano. Ma non sa cosa fare e come uscirne.
5. Come si cura.
La cura della depressione, quindi, passa spesso per quattro vie:
1) una maggiore conoscenza della realtà in cui viviamo;
2) il ribaltamento di alcune prospettive che ci vengono inculcate fin da piccoli;
3) la trasformazione dell'esistenza da materiale in spirituale, cosa che la società attuale cerca di contrastare;
4) il potenziamento della volontà.
Occorre innanzitutto partire dalla conoscenza della realtà in cui viviamo. Occorre cioè capire come funziona esattamente il sistema in cui viviamo, e come e perché la realtà in cui viviamo sia una sorta di illusione, una vera e propria matrix.
Questo porta a ribaltare alcune prospettive, come quelle di considerare malato il depresso, e sana la persona adattata.
Successivamente occorre iniziare un cammino spirituale.
Fin da piccoli, infatti, veniamo privati di qualsiasi prospettiva spirituale, e non ci vengono fornite le risposte alle domande principali dell'esistenza: perché viviamo, perché muoriamo, che senso ha il mondo, l'esistenza di Dio.
Parallelamente occorre iniziare un percorso di sviluppo della propria forza di volontà. E' la volontà infatti che ci permette di fare qualsiasi cosa, ma purtroppo viviamo in una società in cui si insegna di tutto (dal taglio e cucito, al cucinare, all'origami) ma non a dirigere la nostra volontà per ottenere nella vita i risultati che vogliamo.
Il percorso è reso poi particolarmente difficile per la carenza di centri, persone, guide, nelle principali città, quindi spesso si procede a caso, e senza un metodo ben preciso, nell'impossibilità di confrontarsi con amici e parenti.
Si tratta quindi di un percorso difficile, perché occorre colmare un vuoto formativo che parte dai primissimi anni di vita; ma affascinante, costruttivo, e necessario per poterci riappropriare del bene più prezioso che la società cerca di toglierci: la felicità, la serenità, il senso della vita e l'armonia tra noi e il mondo.
Ovviamente questo discorso non è volto ad escludere la terapie tradizionali, dalla cura farmacologica a quella psicanalitica, tuttavia queste strade sono da considerarsi alcune delle tante possibili, a seconda della personalità del soggetto, del problema scatenante, e delle problematiche karmiche.
Lo psicologo e lo psichiatra non dovrebbero essere i depositari della verità sulle cure della depressione, ma solo degli esperti settoriali, accanto ad altre possibili figure, quali il prete, il monaco, il coach, l'esperto di relazioni karmiche, lo yogi, il formatore, e altre figure che tradizionalmente si occupano di benessere dell'anima.
La chiave della cura delle depressione, in realtà, è detenuta solamente da noi stessi, dopo che ci saremo riappropriati della conoscenza di noi stessi, in un percorso individuale che non dovremmo mai delegare ad altri.
6. Il grande inganno di Freud e Jung.
La psicanalisi, avendo come punti di riferimento Jung e Freud, si basa su di un grandioso inganno. Entrambi infatti erano massoni, il primo pare fosse addirittura un rosacroce ed è considerato da molti l'ultimo grande alchimista; il secondo apparteneva quanto meno alla massoneria del B'nai B'rith, ma probabilmente anche ad altre obbedienze.
Questo significa che loro conoscevano bene il concetto di spiritualità e il concetto di via spirituale; la massoneria (quella non deviata, quindi oggi praticamente introvabile) è un percorso di perfezionamento dell'uomo che ingloba lo studio di diverse tradizioni spirituali.
Se Freud ha deliberatamente ingannato le masse e i suoi studenti, non altrettanto può dirsi per Jung, che entrò invece in conflitto con il primo proprio per la differenza di metodo, completamente privo di spiritualità l'uno, molto spirituale l'altro.
La privazione della parte spirituale dall'opera di Jung è avvenuta ad opera dei suoi successori, che hanno distrutto completamente il suo lavoro, cosicché attualmente tra una psicanalisi junghiana e una freudiana la differenza è quasi solo nominale, e meno accentuata rispetto a quello che dovrebbe e potrebbe essere.
La maggior parte degli studenti e degli operatori psicologici, però, non conoscono l'inganno e non sono in grado di rendersene conto da soli, essendo il sistema universitario strutturato per occultare certe verità e promuovere normalmente le persone più sottomesse al sistema; il risultato è che la maggior parte degli psicologi e degli psichiatri, anche junghiani, è completamente all'oscuro di tutta la parte spirituale del lavoro di Jung, e ignora persino cosa significhi il termine "rosacroce".
Su questo argomento rimando a un mio precedente articolo:
http://paolofranceschetti.blogspot.it/2012/11/la-magia-cose-perche-funziona-e-per.html
Qui mi limito solo a sottolineare che, con queste premesse, non c'è da stupirsi che gli psicologi e gli psichiatri più in gamba, spesso abbandonino la strada ortodossa, e si dedichino a integrare il loro percorso di studi con la naturopatia, la bioenergetica, lo yoga, ecc. Cioè, in altre parole, integrino il loro percorso psicanalitico con altri studi, molto più vicini a quelli dello Jung originale. E trasformino la psicologia in quello che veramente dovrebbe essere: lo studio dell'anima.
7. In conclusione.
La depressione non è una malattia, ma spesso la reazione (sana) ad una società malata.
Le persone depresse sono in genere quelle più sensibili e intelligenti.
La depressione non deve essere necessariamente curata: spesso è necessario semplicemente riacquistare il senso della vita (propria e altrui).
La depressione non è una malattia della mente, ma una condizione (o meglio, uno stato) dell'anima.
La depressione, come ha scritto qualcuno, può anche essere un dono. Un'occasione della vita per permetterci di rialzarci riscoprendo finalmente la verità su noi stessi e sul senso della nostra esistenza.
Su spiritualità e depressione v. anche:
http://www.coscienza.org/_ArticoloDB1.asp?ID=975
http://www.jacquesvigne.com/JV/italiano/Depressione_e_Spiritualita.htm
http://www.buonanotizia.org/index.php?view=article&id=2401%3Ausa-studio-religione-e-spiritualita-riducono-rischi-depressione&option=com_content
http://www.libreriadelsanto.it/libri/9788839916792/percorsi-nella-depressione.html
http://www.macrolibrarsi.it/libri/__il_dono_della_depressione.php
http://www.meditare.net/drupal/node/1481
http://www.robertapiliego.it/articoli/166-oltre-la-psicologia-un-cammino-spirituale-per-i-tempi-moderni
Dedicato:
a Luca, che ha scatenato la stesura definitiva di questo articolo e mi ha scritto: "Il problema Paolo è quando la cosa diventa così invasiva a tal punto da farti avere paura d'impazzire, da non riuscire a trovare niente che ti dia serenità, continuamente assalito da queste nausee derealizzanti e depersonalizzanti che sono atroci...perdi i confini di te e non riconosci la realtà che ti circonda...! Tutto perde la sua vividità, come se ci fosse un velo percepibile che ti separa dal mondo lasciandoti da quest'altra parte".
Un giorno capirà che perdere il confine di noi stessi è la normalità, e non riconoscere la realtà che ci circonda è la cosa più sana da fare per cominciare a guarire.
A MP, che mi diceva sempre: "ho come la paura di perdere il controllo, di capire che la realtà che vediamo è in realtà una finzione". Dentro di me ho sempre sentito che aveva ragione lei, anche se all'inizio non la capivo completamente. Peccato solo che lei stessa non si sia mai data ragione veramente.
Al me stesso di tanti anni fa, perché avrei voluto qualcuno che certe cose me le spiegasse prima. Avrei risparmiato tempo e fatica.
A tutte le persone depresse che ho incontrato nella mia vita, perché ho sempre sentito istintivamente che non erano loro le persone malate.
A Kyo, che un giorno per caso mi ha insegnato il Daimoku, e da quel giorno, ormai sono sette anni, mi è scomparsa per sempre qualsiasi traccia delle profonda depressione che mi aveva sempre corroso fin da bambino. Da quel giorno ho avuto anche la definitiva conferma della tante mistificazioni della psicologia, ed è iniziato il percorso di studi dei mantra, della meditazione, e dei suoi effetti.
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