martedì 30 aprile 2013

La ministra nera Cecile Kyenge, ovvero il razzismo degli Italiani contro la stupidità degli immigrati

articolo tratto dall'altro mio blog: Diario di un Oriundo Viaggiatore 


30 aprile 2013Sempre fine e delicato, Mario Borghezio non s'è lasciato sfuggire l'occasione di esprimere una buona parola sul nuovo ministro all'Integrazione,Cecile Kyenge.
Ieri, intervistato ai microfoni di “Un giorno da pecora” di Radio 2, infatti, l'eurodeputato leghista ha commentato la nomina della politicante, definendola “Una scelta del cazzo, un elogio all’incompetenza”. Questo perché  sebbene Borghezio sappia “che è un medico oculista” gli è “parso avesse l’aria di una casalinga.”
Non contento di sfondare un'altra volta il muro della decenza, il leghista ha proseguito: “Un Ministro dell’Integrazione dovrebbe avere grosse competenze, mentre credo che questa scelta sia un po’ il manifesto di questo governo”.“Non e’ un problema che sia di colore”, ha poi precisato, per tranquillizzare quegli stolti che abbiano creduto solo per un attimo che lui sia razzista, quanto piuttosto di apparenza: “Mi sembra una brava ragazza, modesta, con tutto quel che il termine modesta indica, ma non certo una figura del livello che richiedere il ruolo che le è stato affidato”. Una donna, insomma, che non ha esperienza “per fare il Ministro dell’Integrazione”: al massimo Borghezio concede alla Kyenge di fare “l’Assessore di un Comune di 500 persone”.
Alla domanda sul perché  allora, secondo lui, la donna sia riuscita ad arrivare dove è arrivata, l'eurodeputato sfodera il meglio di sé: “Si sarà arruffianata con qualche gerarca del Partito Democratico”.


Non è assolutamente mia intenzione difendere un ministro negro in quanto negro, e i miei lettori sanno benissimo cosa penso al riguardo. Per chi non lo sapesse lo invito a leggere il mio articolo di qualche anno fa su quella pagliacciata (che poi si è anche reiterata) dell'elezione di Obama: I still have a dream - cosa penso di Obama . Mi è stato dato del razzista e del bianco col culetto comodo, da chi naturalmente o è troppo abbagliato dalla propaganda pseudo-democratica e mondialista o non sa che sono io stesso un figlio di immigrati dalla pelle marrone!

Ma veniamo al punto: io mi chiedo "come mai in un paese così denso di nepotismo, corruzione e clientelismo politico, ci viene presentata in un momento così delicato della storia italiana una "ministra" nera MAI vista prima dalla stragrande maggioranza degli Italiani (calcolando che nel parlamento italiano ci sono le stesse facce da almeno 20 anni)?? Senza poi dimenticare il fatto che l'Italia, al contrario di ciò che pensano gli Italiani, è uno dei paesi più razzisti d'europa.

Questa suona un po' come una sorpresa inaspettata.

Ma andiamo a conoscere meglio questo ministro dalla pelle marrone:


Il neo ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, è nata a Kambove in Congo 49 anni fa ed è un medico oculista.
Modenese, vive a Castelfranco dell’Emilia, ed è da tempo impegnata in politica, prima nei Ds, poi nel Partito democratico.
Già responsabile regionale per l’immigrazione nel Pd, è consigliere provinciale a Modena, è stata eletta deputata lo scorso febbraio, sola parlamentare di colore della diciassettesima Legislatura alla Camera. Prima donna di origine africana a sedere in Parlamento Kyenge è sposata e madre di due figlie, è laureata in medicina e chirurgia, specializzata in oculistica. Nel 2004 è stata eletta in una circoscrizione del comune di Modena per i Ds, prima di divenire responsabile provinciale del Forum della Cooperazione Internazionale ed immigrazione. Dal settembre 2010 è portavoce nazionale della rete Primo Marzo per cui si occupa di promuovere i diritti degli immigrati e i diritti umani. Il primo marzo del 2010 il movimento ha organizzato una giornata di mobilitazione e sciopero indirizzata a far comprendere "quanto sia determinante l’apporto dei migranti alla tenuta e al funzionamento della nostra società e come sia importante che italiani vecchi e nuovi si impegnino insieme per difendere i diritti fondamentali della persona, combattere il razzismo e superare la contrapposizione tra 'noi e loro'". L’associazione chiede l’abrogazione della legge Bossi-Fini e del reato diclandestinità, l’abolizione del permesso di soggiorno a punti, la chiusura dei Cie e il passaggio dallo ius sanguinis allo di ius soli per il riconoscimento della cittadinanza .

Tra i diversi impegni della Kyenge c'è la promozione e il coordinamento del progetto "Afia" per la formazione di medici specialisti in Congo in collaborazione con l’Università di Lubumbashi. A marzo è stata una dei quattro firmatari - oltre a Pier Luigi Bersani, Khalid Chaouki e Roberto Speranza - della proposta di legge depositata alla Camera sul riconoscimento della cittadinanza agli immigrati, uno degli otto punti che lo stesso Bersani aveva proposto per il nuovo governo. La proposta di legge contempla il riconoscimento della cittadinanza per chi nasce in Italia da stranieri residenti da almeno cinque anni e della possibilità di richiederla anche per chi non è nato in Italia ma vi è cresciuto.



Alcune considerazioni al riguardo:


- Questa donna "dice" di battersi per lo IUS SOLI dal 2004, giusto? Perchè non l'abbiamo mai vista? Perchè non si è mai sbilanciata in programmi televisivi, o sui giornali nazionali in modo da rendere pubblico il suo impegno e la situazione di milioni di figli di immigrati come me?
Ha ragione Borghezio, sembra fin troppo "MODESTA" e la modestia ben poco si sposa con il ruolo che le hanno cucito addosso.

- Il primo ministro nero ha una responsabilità non indifferente verso tutti gli italiani, ma soprattutto verso chi come lei vive la situazione di immigrato. Perchè mai il primo ministro africano ha scelto di "mischiarsi"con un governo non eletto dal popolo? Con un governo autoproclamatosi legittimo, al pari del governo Monti? Perchè mai l'integrazione deve per forza passare attraverso l'arma dell'usurpazione del potere popolare?
Per l'opinione pubblica, stupida e stolta italiana, siamo diventati tutti complici, noi immigrati, dello schifo che creeranno questo ministro assieme alla sua banda di mondialisti.

- Vorrei ricordare cosa disse Malcolm X ad un fratello negro che stava esultando per l'acquisto in squadra di un giocatore di colore: "Fratello negro, ci hanno sfruttati, uccisi, sterminati, hanno stuprato nle nostre donne, ci hanno obbligati a lavorare per loro come schiavi e ci hanno sradicati dalle nostre terre per 400 anni....poi fanno entrare un negro in squadra e credono di averci ripagato di tutto"
Ecco perchè lo fanno: la tensione stava salendo troppo, e la paura era che si rivoltassero sia gli italiani, che gli immigrati (i quali costituiscono maggiormente la parte più povera della società), cosa fare? Compriamoci un negro, così quelli sono contenti!

Riflettete amici, riflettete!

Prometeo

lunedì 29 aprile 2013

Eroina del femminismo???....Ma andatevene a fan**lo!


I rapporti sessuali etero sono la pura, formalizzata espressione di disprezzo per il corpo delle donne"

Quella ritratta nella foto non è la sosia non autorizzata di Maga Magò, ma una importante ed influente femminista di nome Andrea Dworkin, (da poco scomparsa) nonchè autrice della frase riportata in grassetto più in alto..
Basterebbe guardare il suo aspetto, senza neppure aver mai frequentato una qualsiasi facoltà di psicologia clinica , per capire da dove provenga il suo odio verso gli uomini e soprattutto verso il "sesso con gli uomini".

[...]il suo ultimo libro, pubblicato nel 2000, Gli ebrei, Israele e la liberazione femminile , in cui sosteneva che anche le donne hanno diritto a un proprio stato
o anche: 
il marito John Stoltenberg, dichiaratamente gay come lei, da un trentennio suo compagno di battaglie
oppure:
Il suo primo libro, pubblicato nel 1974, a 27 anni, fu una chiamata alle armi, « per distruggere il patriarcato e tutte le sue fonti, la famiglia, lo Stato, la conservazione » . Seguì un ventennio di polemiche, che toccarono l' apice nel 1987, quando diede alle stampe Intercourse ( Coito): i critici l' accusarono di equiparare il sesso allo stupro, lei ribatté che il matrimonio era « sesso forzato »
Questa mi tocca particolarmente: 

Trovò un pubblico più ampio all' estero che non in patria, dove il suo estremismo le aveva fatto troppi nemici: « Se volete leggermi -scherzò una volta- dovete andare in Nigeria »

Dopo quest'ultima frase, ed un sonoro: Ma chi te se n'cula (la Nigeria ha già tanti problemi per conto suo), mi congedo e vi lascio con un pensiero:

COMPLIMENTI DONNE!QUESTE SONO LE PERSONE ALLE QUALI AVETE AFFIDATO LA VOSTRA EMANCIPAZIONE!

Prometeo

Usurpazione del potere popolare

Non vale più la pena di parlare di questo o quel governo, di questa o quella riforma, di questo o quel presidente e nemmeno di questo o quel ministro.

La ragione? E' riposta in una pura e semplice domanda?
Avete forse scelto voi gli ultimi due presidenti del consiglio? Li ha forse scelti il popolo?

Questo dalle mie parti (Africa) si chiama usurpazione del potere popolare...e ci sono pochi culi da leccare in questi casi, o opposizioni da formare e neanche manifestazioni da fare per muovere presunte coscienze addormentate...

QUESTI NEL PALAZZO CI SONO ENTRATI ILLEGITTIMAMENTE E NON SE NE ANDRANNO, almeno non con le buone.

Nelle nazioni nelle quali la gente ha ancora gli occhi per vedere, e il popolo non ha il cervello ottenebrato dal calcio, dai videopoker e dalla figa a quintali che gira in tv, queste situazioni si risolvono in una sola maniera....come lo si è sempre fatto dall'alba della civiltà.

Cliccate sul link qui sotto e buona visione

Le Iene dentro la guerra in Siria

Prometeo

Dal Matriarcato alla Guerra dei Sessi

articolo originale su: www.anticorpi.info 

Una delle fissazioni dell'uomo contemporaneo è quella delle modifiche. Consentigli di
modificare qualche cosa, e lo fai felice. Si modificano gli alimenti, il clima, gli attributi sessuali; le fattezze fisiche, gli stati psichici e la stessa macchina biologica umana, in predicato di essere trattata come un hardware upgradabile. E ancora, si riformano istituti come il matrimonio e lo stato sociale, si cambiano le regole a partita in corso, sottraendo ai popoli i diritti e le libertà su cui secoli fa si fece leva per vendere il concetto di democrazia. Si modificano i culti, le ideologie, le costituzioni, le istituzioni.

Ci è stato insegnato che il cambiamento sia intrinsecamente una cosa positiva, che non possa che condurre a conseguenze positive. Un messaggio molto moderno e disinvolto, ma che di questi tempi affascina così tante menti solo perché la cultura dominante ha interesse a presentare ogni cambiamento esaltandone le luci ed occultandone le ombre. Troppo spesso oggi si cambia in funzione degli interessi dei pochi, per officiare riti all'umanesimo bullesco, col sedicente ingegno umano che fa bella mostra di se schiacciando la natura e le tradizioni.

La realtà dei fatti è che non esiste opera di manomissione genetica, fisica, climatica, politica, sociale su larga scala, che non comporti un elevato rischio di peggiorare gli elementi che si propone di migliorare. Quanto più si artefa, quanto più ci si allontana dall'ordine naturale ed esperienziale delle cose, tanto più elevato è il rischio che la natura si metta di traverso fino a provocare un effetto di rimbalzo che riporta tutto al punto di partenza. Ciclicità. Sembra che qualcosa di simile sia già accaduto ad ogni civiltà che ci ha preceduti. Chi detiene il potere conosce il meccanismo, ma non sembra preoccuparsene molto, forse perché è troppo preso dalla idea romantica dicambiare il mondo sulla pelle del mondo; o perché ha fatto i propri calcoli, e la involuzione ad un lontano passato è proprio ciò che si è prefissato di realizzare.

E' sulla base di tali premesse che provo a inoltrarmi nel campo minato del tema della'violenza sulle donne' ed esporre il mio punto di vista sui rapporti tipici intercorrenti tra i sessi all'inizio del 21° secolo.

Cui prodest?

Per inquadrare correttamente un fenomeno bisogna contestualizzarlo. E' necessario perciò premettere che i mass media non supportano coralmente campagne come quella contro la violenza sulle donne, se la cosa non frutti un beneficio per qualcuno dei loro padroni. Questo va capito, per evitare di lasciarsi manovrare come burattini. Proprio ora nel mondo stanno consumandosi molti altri delitti gravi quanto la violenza sulle donne. In milioni si ammalano a causa di ciò che ha tutta l'aria di essere una campagna di sterminio globale; parassiti finanziari si insinuano nelle nazioni e le vampirizzano con la connivenza - più o meno consapevole - della politica, della magistratura e della cultura accademica; strane irrorazioni aeree sono effettuate sulle nostre teste e spacciate per casuali scie di vapore rilasciate dagli aerei di linea; chi non è comprabile o ricattabile è messo a tacere simulandone il suicidio o la morte accidentale... e via dicendo. Eppure non si può dire che i mass media si facciano carico di allestire epiche campagne di sensibilizzazione al riguardo. Tutto ciò significa forse che i mass media sono simpaticamente sbadati? Evidentemente no. E' solo che i loro padroni non nutrono interesse nel sensibilizzare la opinione pubblica in merito a quelle altre casistiche.

Contestualizzazione. 

Nel caso specifico che genere di interesse particolare potrebbe perseguire una tale enorme campagna mediatica contro la violenza sulle donne? Personalmente una idea me la sono fatta. Da oltre mezzo secolo - infatti - i burattinai sono impegnati a innalzare un muro di incomunicabilità tra i generi sessuali, tramite una lunga ed articolata campagna culturale finalizzata alla omogeneizzazione dei ruoli sociali e culturali dei sessi, condizione del tutto inedita che ha finito per generare una gran confusione, competizione e divisione.

Il bug dei bug.

Di questi tempi è grottesco assistere ad eventi mondani in cui i maschietti sono tornati a esibirsi nel baciamano ottocentesco, mentre le femminucce la buttano sul materialismo spinto. Situazioni che esprimono un trend molto ben riconoscibile. Per secoli il genere umano è vissuto appoggiandosi su determinati equilibri. Poi, in una manciata di decenni, ed in particolare dal momento in cui i modelli diffusi dai mass media colonizzarono l'immaginario collettivo, in occidente tali equilibri andarono incrinandosi fino a saltare del tutto. Le ragioni furono apparentemente diverse, ma a ben vedere discesero sempre da 'urgenti esigenze di cambiamento' sollevate dalla comunicazione di massa all'interno di specifiche tipologie umane. 

E' il caso del genere femminile, strumentalizzato in funzione del sabotaggio di quegli equilibri quando si lasciò persuadere che il suo ruolo millenario nella famiglia e nella società fosse qualcosa di degradante e limitante. Non esiste altra realtà al di fuori di quella sistemica. Se non ti misuri nell'arena sei una nullità, fu il messaggio, al quale prontamente seguì la coniazione del termine: casalinga. Così come da millenni i maschi abboccano al retaggio culturale che li induce a considerare le donne cometrofei ed oggetti da collezione (v. correlati), alla donna fu inculcata la convinzione che per realizzarsi avesse dovuto ridisegnare il proprio ruolo sociale, ridimensionando gli aspetti genitoriali e muliebri per misurarsi in ambiti che per secoli furono prerogativa della sua controparte maschile. Per una questione di uguaglianza, ovviamente. Non è vero che tutto ciò che è uguale, uniforme, omogeneo è automaticamente giusto? Se lo dice la tele deve essere vero.

Piccolo inciso: una cosa è la sacrosanta parità dei diritti in qualità di esseri umani e cittadini aventi pari dignità, altra cosa è la equiparazione dei ruoli culturali e sociali. E' anche su tale equivoco che quei furbacchioni dei burattinai hanno saputo fare leva per scardinare il rapporto tra i sessi, passo essenziale dell'iter verso la soppressione della società familiare e dei legami di sangue (v. correlati).

L'abdicazione della matriarca.

Non ho idea se i ruoli consolidatisi attraverso secoli di tradizione (uomini in prima linea, donne nelle retrovie) discendessero a loro volta da campagne di persuasione religiosa o fossero espressione della 'prepotenza' maschile. Né in questa sede mi interessa discutere la loro giustezza ed efficacia, per quanto a mio modesto parere dal punto di vista biologico erano i più 'razionali' e da quello pratico dovrebbe far fede la difficoltà di adattamento delle donne nei ruoli usualmente maschili, e viceversa. Mi preme invece notare come il ruolo ricoperto dalle donne costituiva una condicio sine qua non per il buon funzionamento della intera macchina sociale. E' solo alla luce dei valori inculcati con la cultura della competizione e dell'egocentrismo, che di quel ruolo oggi vengono evidenziati solo gli aspetti costrittivi. Perché quel ruolo lo era, costrittivo, ma era anche molto altro e molto di più. Ciò che sfugge è che in un mondo normale, è logico che le posizioni di elevata responsabilità siano allo stesso tempo costrittive. Fu dal profondo rispetto nutrito dai maschi verso il ruolo femminile nella società familiare (matriarcale per definizione), che scaturirono i modi cosiddetti 'cavallereschi'. Perché le donne oltre che creatrici di vita, erano custodi di coscienze e supreme reggenti delle società familiari, ampie aggregazioni fondate sul legame di sangue, dette anche casati o clan. Le famiglie in definitiva erano come stati nello stato; un firmamento di microcosmi non contaminati dal sistema; tante piccole navi Nabucodonosor, per chi ha dimestichezza con l'immaginario del film Matrix.Gli atteggiamenti cosiddetti 'galanti' in origine non assolvevano scopi seduttivi, ma esprimevano rispetto e ammirazione nei confronti del genere femminile nella sua interezza. In un secondo momento, con l'aiuto dei mass media si è perso il senso, e il tutto è stato ridotto al dongiovannismo.

Inoltre la famiglia tradizionale matriarcale, era il solo 'schema' sperimentato mediante cui donne e uomini 'comuni' potevano mettersi 'in squadra' e sfruttare le rispettive attitudini naturali per tutelarsi reciprocamente dalle trappole sistemiche; compensarsi a vicenda ed in questa veste mettere al mondo ed educare dei figli che una volta cresciuti non fregassero la collettività in cambio di un tornaconto personale. Nuove leve che fossero impermeabili alle squallide lusinghe del Potere. Nel mondo reale, infatti, il Potere esiste, è squallido e ghiotto di coscienze. Il mondo reale non è rosa come un episodio di Desperate Housewifes o Sex and the City.

La posizione della donna era tutt'altro che marginale. Era un ruolo meno 'visibile', ma cruciale. In una intervista pubblicata qualche mese fa su Anticorpi, Martin Pretchel - sciamano maya - narra dei rapporti vigenti nella propria comunità rurale venezuelana, e gli sono sufficienti poche parole per rendere il senso di una società matriarcale:
I cittadini si riuniscono almeno una volta l'anno per lavorare sulle capanne da rinnovare. In quelle occasioni, i bambini piccoli corrono in giro ostacolando il lavoro della gente. Le giovani donne portano l'acqua. I giovani uomini portato le pietre. Gli uomini più anziani impartiscono disposizioni su cosa fare, e le donne più anziane fanno notare agli uomini anziani dove stanno sbagliando. I maschi agiscono, le femmine assistono e supervisionano. La sinergia produce il risultato.

Ciò detto, chi occupa da secoli il vertice di qualcosa che tende a funzionare, non dovrebbe lasciare sguarnita la propria posizione senza prima soffermarsi a riflettere sulle conseguenze che ciò comporterà sulla intera baracca. Ma nel secolo scorso la ingegneria sociale come sempre prevalse, e le donne si lasciarono convincere di meritare 'qualcosa di più'; sto parlando del frutto proibito di cui per secoli si erano cibati solo i maschi, ossia il denaro, che il sistema ci ha costretti ad associare alla idea di libertà. Discorso maschilista? Misogino? Non credo. So che in epoche e contesti diversi entrambe i sessi hanno concorso alla realizzazione della situazione di degrado e scacco politico in cui annaspa l'odierna società occidentale. (v. correlati). Ci siamo fidati troppo, di troppe persone sbagliate. Ci siamo spinti troppo oltre e abbiamo lasciato scoperte le retrovie. Pessima mossa.

Sinergia.

Avete presente l'espressione 'la mia metà', quando ci si riferisce al rispettivo partner? O il proverbio secondo cui dietro qualsiasi grande uomo vi sia sempre una grande donna? Ebbene, quelli che suonano come luoghi comuni, in realtà esprimono una verità. Il film sul regista Alfred Hitchcock, uscito in questi giorni nelle sale, è il più fresco tributo a questa verità, ma esistono decine di altri esempi illustri. In assenza di una controparte femminile avulsa dal sistema, estranea alle logiche sistemiche, e che lo ami e lo educhi come madre e poi lo ispiri ed affianchi come compagna, nessun uomo sarà mai in grado di sviluppare quel grado di completezza intellettuale e spirituale, autonomia e autostima che lo rendano capace di ascoltare la coscienza, dunque di agire per migliorare il mondo. Con ciò intendo dire che soltanto i maschi possiederebbero i numeri per rendersi utili alla causa? Niente affatto: sto dicendo che la natura ha organizzato le cose in modo tale che ad ognuno spetti un compito ai fini dello equilibrio generale; dico che se separati, in competizione o in conflitto, tanto gli uomini quanto le donne finiscono per sposare le logiche sistemiche e diventarenocivi per il bene comune. Altra cosa ben nota a chi detiene il potere.



Vogliamo davvero dare retta a chi afferma che la storica preponderanza di eccellenze maschili in ogni campo dipenda da una inferiorità delle donne rispetto agli uomini, o che il sesso femminile sia stato boicottato da un complotto maschilista? La verità è che l'unica cosa oscurata è il concetto di sinergia tra i sessi; connotati complementari che integrandosi generano un'alchimia benigna per l'intera collettività. Ben pochi dei grandi uomini che contribuirono ad elevare la condizione umana sarebbe stato tale senza l'apporto culturale e spirituale, l'amore ed il supporto di una madre prima ed una compagna poi. Insomma, un tempo il maschio si prendeva gli onori, ma la realtà dei fatti, ben nota a chiunque avesse un briciolo di sale in zucca, era che il 'grande uomo' sotto i riflettori era solo la punta di un iceberg. Che le cause della grandezza di quel tale uomo fossero da ricercare oltre la sua persona, in quell'impianto umano che lo aveva formato e poi guidato e sostenuto fino al traguardo. Quell'impianto era la famiglia, 'regno' governato non da un uomo ma da una donna, la mater familias. Oggi invece non ci sono onori da tributare perché i massimi esponenti di ogni ambito occidentale sono mezze figure cresciute senza il supporto di una guida credibile che fungesse da filtro per le balle con cui sono stati bersagliati fin dall'infanzia.

La cultura dominante oggi narra che prima del movimento di emancipazione le donne fossero molto infelici, violentate e schiavizzate dai compagni e mariti. Ma è possibile che ci abbiano messo migliaia di anni a reagire a questo stato di cose? Non è forse più razionale ritenere che un tempo il fenomeno delle vessazioni sulle donne fosse molto più contenuto, in quanto il genere maschile era molto più equilibrato? E perché il genere maschile era più equilibrato? Forse perché non era stato cresciuto a pane e sistema.

Causa ed effetto.

Purtroppo gli episodi di violenza che sempre più spesso vedono coinvolte le donne, hanno origini lontane, e - detto senza intenti polemici - rappresentano una delle più eclatanti dimostrazioni della legge di causa ed effetto, altrimenti detta karma. Non ho mai udito una donna anziana 'normale' - cioè non appartenente ai surrogati di esseri umani che hanno soffocato le loro coscienze in cambio di soldi e potere - lamentarsi della condizione femminile negli anni '30. Però mi è successo più di una volta di udire donne anziane 'normali' lamentarsi della condizione delle donne odierne. E' un caso che chi ha esperienza si esprima in questi termini? E' per via della sua mentalità arretrata? Già. Ma chi ci dice che la nostra sedicente mentalità evoluta sia frutto di uno spontaneo processo evolutivo, e non di una serie di campagne culturali e mediatiche allestite da chi ha poco a cuore il nostro interesse e molto l'esigenza di manovrarci per marcarci sempre più stretti? Ricordiamo che ciò che definiamo 'mentalità arretrata', per il solo fatto di non essersi sviluppata sotto il martellamento mediatico, è da ritenersi ragionevolmente più affidabile di una mentalità 'formatasi' in mezzo ad ogni sorta di campagna di ingegneria sociale e culturale.


Oggi il mondo è sempre più popolato da adulti immaturi, puri concentrati di ego e false convinzioni, che sono stati bambini cresciuti da genitori poco presenti. Bambini che - mentre i genitori sono impegnati a rincorrere le loro illusioni o a struggersi per le loro 'inadeguatezze' - si formano assorbendo il puro concentrato di escrementi culturali prodotto ogni giorno dai mass media. Questi ultimi alimentano la pretesa di una esistenza da cui si possa trarre un romanzo d'appendice, e la depressione, il cinismo, il disprezzo diventano i mesti punti d'arrivo il giorno in cui si prende atto che quel modello filmico per noi (e chiunque altro, se è per questo) non si avvererà. Ed ecco che sempre più spesso l'assenza di una sana struttura morale trasforma la frustrazione in violenza, ogni tipo di violenza, non esclusa quella su se stessi.


Chi usa violenza su una donna è anch'esso figlio di una donna. Fintanto che simili episodi erano sporadici, ci si poteva illudere che il fenomeno fosse ascrivibile alla patologia psichica di un singolo individuo. Ma oggi il problema è troppo ampio per non imputarlo ad un profondo scompenso antropologico. In qualsiasi modo la si metta, a me sembra che sia andato sviluppandosi di pari passo alla presa in consegna delle menti giovani da parte della comunicazione di massa, avvenuta in gran parte per via della assenza del supporto di una famiglia degna di questo nome.

La collettività ha bisogno che la famiglia torni ad essere ciò che fu. Perché laddove la famiglia non fortifica, il sistema corrompe. Nel mondo moderno la sana ignoranza è bandita. La scarsa attenzione dedicata ai giovani nelle famiglie odierne - unita alla caduta in desuetudine dei precetti religiosi (che per quanto male se ne possa dire, avevano un senso in questo mondo) - si rispecchia nella brutalità denotata da molta umanità odierna.

Fintanto che uomini e donne occidentali proseguiranno a sguazzare entrambi nelle logiche sistemiche, a non collaborare seriamente, prioritariamente nella formazione dei giovani, a sottrarre energie ai rapporti umani e alla esistenza reale per sacrificarli sull'altare del sistema, la società non tornerà a produrre generazioni capaci di fare realmente gli interessi della collettività. E dato che al momento le possibilità che ciò accada sono quasi nulle ... fate vobis.

Concludendo.

La 'violenza sulle donne' credo sia solo una chiave di lettura, limitata, capziosa, di un male sociale di più ampia portata. E' ciò su cui i fidi mass media sono stati incaricati di puntare i riflettori con lo scopo di portare avanti l'edificazione della incomunicabilità tra i sessi. Ma la violenza può scatenarsi anche all'interno di coppie gay (link). Può essere perpetrata da una donna nei confronti del proprio uomo (link) o del proprio bambino. Per non parlare di quella tra maschi adulti. Questo perché il problema non è il sessismo; la vera ragione di tale esplosione di ottusità va ricercata altrove, e più precisamente in una cultura dominante votata a inoculare i virus dell'egoismo, della intolleranza, del disprezzo e della superficialità in ogni relazione umana, compresa quella tra i sessi, e perfino quella che dovremmo intrattenere con ... i nostri stessi avi.


Coi loro metodi striscianti ci sussurrano che i nostri antenati, dato che non avevano la televisione, internet e le automobili, fossero dei grezzi senza cervello. Che le loro tradizioni fossero solo il frutto di vacue superstizioni. Ci ripetono che il cambiamento sia per definizione una cosa positiva, e che qualsiasi cosa sia modificabile, debba essere modificata. Ma siamo sicuri che sia lecito modificare i geni, oppure il clima, o gli stati d'animo? Demolire usi e consuetudini dettati dalla natura, consolidati da secoli di esperienza e poi tramandati dai nostri antenati? I tiranti sono prossimi alla massima trazione; non udite lo scricchiolio? Non è più così lontano il giorno in cui in nome del cosiddetto 'progresso', saremo sbalzati al punto di partenza, con buona pace dei burattinai e del loro idealismo spacciato per illuminazione.

Questo post è dedicato a Cinzia e Francesco. Forza ragazzi, insieme ne uscirete.

martedì 23 aprile 2013

IL NEMICO OCCULTO - Documentario Sulla Questione Ebraica

Quando Napolitano prendeva i soldi da Berlusconi



1987, Berlusconi finanziava la corrente PCI di Napolitano. Una storia che arriva fino a noi.

Nei mesi scorsi sono arrivate due significative dichiarazioni di Massimo D'Alema e Piero Fassino che difendevano il diritto del PDL ad essere ammesso alle elezioni regionali in Lombardia. Eppure la possibilità di far fuori il PDL, in una regione chiave del paese, era concreta e persino perfettamente legale.
Come mai tutto questo fair play da parte degli esponenti PD provenienti dall'esperienza del PCI?
E come mai questo fair play si esercita in Lombardia, nel cuore del potere berlusconiano?
Certo al PD il decreto "interpretativo" non piace, preferiva altre soluzioni per salvare il PDL e l'ha fatto capire D'Alema all'Ansa. Si trattava come sempre, per il partito di Bersani, di conciliare il conflitto contingente con il PDL con alcune intese di fondo con il centrodestra.
Intese che furono ricordate un giorno in aula da Luciano Violante che, indispettito dal comportamento del centrodestra, disse che se le cose continuavano in quel modo il centrosinistra avrebbe toccato le televisioni di Berlusconi. "Non l'abbiamo mai fatto per gli accordi che sapete" disse l'ex presidente del senato, facendo capire la portata della minaccia ma anche l'importanza degli accordi. Quegli accordi che formano la costituzione materiale della seconda repubblica. Quelli che portano a dire agli esponenti del PD che l'antiberlusconismo non è un valore. Capire quali in fondo non è difficile. Basta aprire il giornale la mattina.


Ma in quali radici affondano le intese tra reduci del PCI e Berlusconi? 

Temporalmente parlando si risale a prima della caduta del muro di Berlino. A quando, secondo la storia alla Orwell di oggi, il PCI prendeva montagne di rubli da Mosca e Berlusconi sosteneva il mondo libero. 
Ma rubli e "mondo libero" sono questioni degli anni '50 mentre negli anni '80 l'integerrimo anticomunista Berlusconi il PCI lo finanziava eccome. E finanziava proprio la corrente del PCI di Giorgio Napolitano, per capire come i protagonisti del decreto di oggi non solo si conoscano da tempo ma abbiano storiche intese suggellate da finanziamenti e da convergenze di interessi di potere.
Del resto, proprio nel 1987 a Roma il PCI organizzò un convegno sul futuro della televisione italiana. I tre principali relatori furono Massimo D'Alema, Walter Veltroni e..Silvio Berlusconi. Il quale, lungi dallo scatenarsi contro i comunisti, fece una relazione densa di elogi verso il PCI per il ruolo che questo aveva assunto per lo sviluppo della comunicazione e del pluralismo in Italia.
Per capire il clima dell'epoca è utile la lettura di un libro Il Baratto (Il PCI e le televisioni: le intese e gli scambi fra il comunista Veltroni e l’affarista Berlusconi negli anni Ottanta. Kaos edizioni, 2008) di Michele De Lucia.
E soprattutto sono utili gli estratti del libro per comprendere subito i rapporti materiali ed ideologici che intercorrevano tra Napolitano e Berlusconi nel 1987.
Materiali, perchè la Fininvest finanziava con la pubblicità la strategica corrente milanese di Napolitano, ideologici perchè la corrente di Napolitano magnificava il tipo di capitalismo rappresentato dal cavaliere di Arcore.
Questo per far capire la storia reale d'Italia, le radici antiche delle intese tra Berlusconi ed i reduci del PCI e per comprendere che se l'Italia si vuol liberare dal ducetto di Arcore deve anche tagliare le antiche radici di certi accordi. Che rappresentano una assicurazione sulla vita per Berlusconi e sulla carriera per i personaggi appena citati.



ALCUNI STRALCI DEL LIBRO

Napolitano viene da lontano. Era migliorista e berlusconiano. Gli articoli del suo settimanale "Il Moderno" (con pubblicità Fininvest anni '80) superano persino le poesie di Bondi al "caro leader".

"Ad aprile del 1985 esce a Milano il primo numero de Il Moderno, mensile (poi settimanale) della corrente “migliorista” del Pci (la destra tecnocratica e filo-craxiana del partito, guidata da Giorgio Napolitano). Animato da Gianni Cervetti… all’insegna dello slogan “l’innovazione nella società, nell’economia, nella cultura” (p. 104)."

"Intanto a Milano il numero di febbraio 1986 de Il Moderno… scrive che “la rivoluzione Berlusconi [è] di gran lunga la più importante, cui ancora qualcuno si ostina a non portare il rispetto che merita per essere stato il principale agente di modernizzazione, nelle aziende, nelle agenzie, nei media concorrenti. Una rivoluzione che ha trasformato Milano in capitale televisiva e che ha fatto nascere, oltre a una cultura pubblicitaria nuova, mille strutture e capacità pro­duttive” (p. 115)".«Il numero di aprile 1987 ... esce con un’intera pagina pubblicitaria della Fininvest. È la prima di una lunga serie di inserzioni pubblicitarie dalla misteriosa utilità per l’inserzionista, dato che il giornale è semi-clandestino e vende meno di 500 copie… Intanto uno dei fondatori del Moderno, l’onorevole Gianni Cervetti, alla metà di aprile è di nuovo a Mosca… E il 18 aprile l’a­genzia Ansa da Mosca informa che in Urss, insieme al compagno Cervetti, c’è anche Canale 5… (pp 126 -- 127)"."A giugno 1989 ... pubblica un megaservizio su Giocare al calcio a Milano. Con un panegirico sul Berlusconi miracoloso presidente milanista che “ha cambiato tutto: adesso la sua squadra è una vera e propria azienda,” e così via. Il giornale della corrente di destra del Pci è ormai un bollettino della Fininvest, e le pagine di pubblicità comprate dal gruppo berlusconiano ormai non si contano (p. 148)".(*)

(*) Testi tratti dal libro: "Il Baratto" dal blog www.dirittodicritica.com.

Articolo tratto da Senza Censura

mercoledì 17 aprile 2013

L'IMPOSSIBILITA' DI DARE CONSIGLI UTILI

La difficoltà di elargire consigli realmente costruttivi per il nostro interlocutore, si trasforma in impossibilità col crescere delle problematiche correlate alla questione in oggetto, ma soprattutto col diminuire della nostra capacità di affrontare i nostri problemi con forza di volontà.


Il background psicologico di ogni essere umano è costituito anche (e forse in quantità predominante) dal modo in cui ognuno si è trovato a superare i problemi che di volta in volta hanno impedito il nostro sereno proseguire.

La maggior parte delle persone che popolano questo pianeta, vive una vita "altra", piena di scontentezze e di insoddisfazioni, rimpianti e frustrazioni, dimenticandosi di essere gli unici e soli fautori del proprio destino.
Questa mancanza li porta ad un atteggiamento prevalentemente autocommiseratorio, antitesi quindi della forza di volontà; atteggiamento che preclude loro l'unica verità, l'unica via di fuga verso la propria consapevolezza: siamo noi gli autori del nostro dolore e molto spesso siamo complici del dolore altrui.

Ogni volta che compiamo o no un gesto, che diciamo o no qualcosa, che reagiamo o no ad una situazione, facciamo una scelta. Bene, tutto ciò che noi pensiamo ci accada, è in realtà dipendente da quelle nostre scelte, e in alcuni casi nè è la logica conseguenza.
L'assunzione di questa semplice regola è alla base di una vita responsabile, consapevole e quindi inevitabilmente felice.

Ma come ho affermato poco sopra, le persone tendono a commiserarsi e quindi ad autoconvincersi che le cose accadano loro per caso (fortuna o sfortuna, dipendentemente dalla loro indole) sollevando loro stessi inconsciamente da ogni sorta di responsabilità, non accettando le conseguenze delle proprie azioni fino, quindi, a sentirsi vittime di un fato avverso che ha manipolato loro e le persone attorno a loro.

All'interno di uno scenario siffatto è facile scorgere una seconda regola: chi non riesce a vedere le conseguenze delle proprie azioni, non può vedere quelle delle azioni altrui.

fine prima parte...

Prometeo

I Diritti Umani non dovevano esistere. Non li meriti. - di Paolo Barnard


E’ stata la pensata peggiore della Storia. L’idea che tu abbia dei diritti dalla nascita. I Diritti Umani. No, no, e no.

Noi abbiamo solo i diritti per cui siamo disposti a combattere e per cui abbiamo combattuto.



Finisci in ospedale con un cancro e ti metti a sbraitare che ci sono liste d’attesa o che non ti fanno la morfina. Ti sta bene. Tu dici di aver diritto alla salute. Sai, hai 67 anni e per 50 di questi 67 che cazzo hai mai fatto per la Sanità? Ti sei mai occupato di morte e del morire? Hai mai lottato un solo giorno per capire come funziona il sistema? Hai mai voluto occuparti di malattia? No, ti toccavi i coglioni al solo sentirne parlare. Ora hai un cancro, cazzi tuoi. Crepa e soffri, te lo meriti. Sai, quelli come Bruna B. che invece se ne sono occupati da sempre, oggi sono ridotti al lumicino, li hanno massacrati di cause, di umiliazioni, sono soli, derisi.


Tuo figlio è stato picchiato a morte dalla Polizia. Ti sta bene. Tu dici di aver diritto al rispetto dei diritti umani. Ma che cazzo hai mai fatto per capire come sradicare il fascismo dalle forze dell’ordine? Te ne sai mai occupato? No. Bene. Zitto e passi lunghi e ben distesi. Sai, quelli come Samantha Comizzoli che invece se ne sono occupati da sempre oggi sono ridotti al lumicino, li hanno massacrati di cause, di umiliazioni, di minacce.


Oggi la tua aziendina sta fallendo, le banche ti snobbano e non c’è domanda di prodotti. Tu dici di aver diritto al reddito. Ti vuoi suicidare dietro al capannone? Ottimo, fallo e non rompere più i coglioni con le tue lagne. Ti sei mai occupato di economia? Noiosa eh? Hai mai dato una lira e quei pazzi che già 20 anni fa rischiavano il culo per denunciare i Poteri sovranazionali? Hai mai voluto spendere una singola domenica a leggerti, che so, Keynes? Nooo, la domenica c’è la Juve. Ok, fottiti. Sai, quelli come Parguez che invece se ne sono occupati da sempre, oggi sono ridotti al lumicino, li hanno isolati, hanno perso il reddito, la carriera, tutto.

Che merda vivere con la Mafia eh? Tu dici di aver diritto alla sicurezza. Ma fammi capire: conosci Peppino Impastato? Perché tu sei lì a casa e lui è morto? Hai mai fatto una fiaccolata per lui? No? Allora vai a fare in culo vigliacco. I popoli, quando i coglioni li avevano, si sono sempre liberati dalla tirannide da soli, col proprio sangue. Hai paura? Ok, crepa da vile “ominicchio”, e Peppino ti piscerà in testa da lassù.

Non abbiamo nessun diritto, se non quelli per cui abbiamo combattuto. 
Basta vivere a scrocco del coraggio, del sacrificio, della rovina, della morte di quelli che sono vissuti per dare a te i tuoi fottuti diritti. Non li hai. Non devi averli. Povero stronzo. Povera stronza.

L'idea stessa che uno/una abbia diritti dalla nascita porta a una sola cosa: che uno/una passi la vita a fare un emerito porco egoista cazzo per la comunità, tanto... ci sono i diritti, vero? No. Non ci sono. Tutto quello che ti capita, di male, te lo meriti. Crepa. Le eccezioni a questo sono nell'ordine dello 0,2% di voi stronzi. Per loro le lacrime non saranno mai sufficienti.

martedì 16 aprile 2013

LA DEPRESSIONE

Depressione, senso della realtà, e sistema in cui viviamo
(seguito ideale degli articoli sul sistema in cui viviamo)


1. La depressione. Premessa. 2. Cosa c'è di vero nella psicologia e nella psichiatria. 3. La depressione. Cosa è e cosa non è. 4. Brevi cenni sulla cosiddetta "mancanza di senso della realtà" del depresso. 5. Come si cura. 6. Il grande inganno di Freud e Jung. 7. In conclusione.
Paolo Franceschetti


1. La depressione. Premessa.

La depressione è una delle condizioni più comuni dell'uomo moderno (ma probabilmente anche di quello non moderno). E' considerata una "malattia", e si cura con la psicoterapia o con i farmaci. O con entrambe le cose.
In linea di massima si distingue una depressione endogena e una esogena. Quella endogena, come dice il nome, viene da dentro, è una sorta di predisposizione genetica. Quella esogena è invece creata a seguito di eventi esterni come lutti, separazioni, difficoltà varie.

Nella cura delle depressione ci sono due grosse scuole di pensiero: quella farmacologica, di cui uno degli esponenti più famosi è Cassano, che ha scritto il libro cult "E liberaci dal male oscuro", e quella psicologica. La prima fa leva prevalentemente sulla cura con farmaci, e nelle sue massime aberrazioni arriva a sostenere che qualsiasi depressione dipende da uno squilibrio biochimico che può essere sistemato con dei farmaci.
La seconda fa leva prevalentemente sulla psicoterapia, in tutte le sue forme (scuola psicanalitica, comportamentale, cognitiva, umanistica, ecc.).


2. Cosa c'è di vero nella psicologia e nella psichiatria.
Le tecniche psicoterapeutiche proposte dalla scienza psicologica e psichiatrica ufficiali contengono molto di vero. Anzi, possiamo dire senza mezzi termini che sono entrambe vere.
Da una parte è vero che la depressione consiste in una reazione biochimica, e che può essere curata con farmaci. D'altronde è anche vero che qualsiasi cosa l'uomo faccia produce una reazione biochimica (anche bere un caffè o cambiare ambiente in cui stazionare), quindi la domanda corretta non è tanto quanto sia corretto l'approccio farmacologico, ma è: lo psichiatra riuscirà a trovare il farmaco giusto? Gli effetti collaterali saranno minori o maggiori degli effetti positivi? E soprattutto: è possibile trovare altre strade, senza effetti collaterali?

Le tecniche psicologiche, meno invasive e con effetti più resistenti nel tempo, sono nel vero quando sostengono che in fondo la causa prima dei nostri problemi sono il nostro comportamento e il nostro modo di pensare, e che cambiando il modo di pensare e conoscendo meglio se stessi si può migliorare la propria vita.
Il grosso limite delle scienze psicologiche però è quello di non intervenire a fornire una risposta alle domande più importanti che l'essere umano si pone (senso della vita, della morte, anima, esistenza di Dio).
E soprattutto a fronte di problemi karmici, la scienza psicologica è spesso impotente, non riconoscendo ufficialmente un karma che possa influire sulla nostra vita presente.

Le tecniche psicologiche, quindi, sono incomplete. E soprattutto mancano di una parte fondamentale: non favoriscono (anzi spesso contrastano) la scienza dello spirito e l'approccio spirituale alla vita (che anzi viene talvolta bollato come delirio mistico, e sintomo di disturbo mentale).
Sinteticamente può dirsi che le scienze psicologiche sono scienze della mente, ma per un corretto approccio alla vita e per la ricerca di una felicità personale occorre anche una scienza dello spirito, perché corpo, mente e spirito, sono un tutt'uno e l'uno non può esistere senza l'altro, e ciascuno di questi aspetti influenza l'altro.
Curiosamente poi la psicologia, che da tempo ha riconosciuto l'importanza di un'integrazione corpo-mente, e di una cura contemporanea del corpo e della mente, ancora non riconosce la necessità di un'integrazione tra corpo, mente e spirito.

La cosa poi è particolarmente paradossale perché il termine psicologia deriva dalla parola greca psiché, che significa anima. Quindi abbiamo, in sostanza, una scienza che si chiama "scienza dell'anima", ma che anziché occuparsi dell'anima si occupa della mente.


3. La depressione. Cosa è e cosa NON è.

La depressione nasce sempre (e sottolineo sempre) senza eccezione, da un problema spirituale.
Se la causa scatenante è stata un lutto importante, in realtà, la causa ultima è la mancata comprensione del senso della morte e della vita.
Se la causa scatenante è stata la separazione dal partner, ancora una volta la causa ultima è in realtà la difficoltà di collocare, a livello karmico e di percorso di vita, il rapporto di coppia.
Spesso poi, nei soggetti più giovani, quello che viene bollato facilmente come "depressione" o "disagio giovanile" è nient'altro che una totale mancanza di un senso spirituale della vita.

Dobbiamo quindi chiarire alcuni punti, chiarendo cosa sia spesso la depressione, ma soprattutto cosa non sia.
Partiamo dalla premessa che siamo una società ove non vengono offerte risposte sul senso della vita e della morte, e dove i principali valori che emergono e che vengono quindi inculcati dai mass media e dalla cultura ufficiale sono il denaro e la notorietà; la nostra è quindi una società malata.
Vivendo in una società malata, la persona adattata alla società è necessariamente, per definizione, malata.
Quindi il depresso, la persona non adattata, e che sente la vita priva di senso, è spesso una persona sana, che non trova la strada per poter vivere sereno.
Gli attacchi di panico, il senso di inutilità, l'ansia, l'apatia, sono spesso reazioni assolutamente normali di un'anima evoluta che mal accetta il materialismo e le regole dominanti nella società.
In particolare gli attacchi di panico (con la paura di impazzire, la paura di morire, o altre paure che si scatenano in momenti particolari) derivano da una sensazione di perdita di controllo sulla realtà, assolutamente fisiologici per poter prima o poi evolvere e maturare; è infatti naturale che la falsa sensazione di aver tutto sotto controllo, di poter capire tutto, di poter spiegare tutto secondo canoni razionali, prima o poi provochi un corto circuito nella mente, che si ritrova a perdere completamente il senso della realtà. In altre parole, la persona normale, abituata a vivere secondo canoni di razionalità, è costretta a tenere sotto controllo, coscientemente o inconsapevolmente, delle sensazioni istintive e irrazionali, che prima o poi non possono che esplodere tutte insieme, generando quello che si definisce, appunto, attacco di panico, ma che può essere controllato con semplicissime tecniche (spirituali o non).

Il depresso è quindi spesso una persona che trova inutile la vita (e ha ragione, perché di fatto ce la presentano così), che trova senza senso le occupazioni della maggior parte delle persone, e ha difficoltà a trovare qualcosa che lo realizzi.
La depressione, insomma, nasce da una distonia tra ciò che la persona percepisce intuitivamente (la vita non ha senso) e ciò che la società cerca di imporgli (la vita ha senso: devi solo trovare un qualsiasi lavoro, possibilmente molto remunerativo; trovare una famiglia; e adeguarti alla regole).
Il depresso, in altre parole, intuisce che qualcosa non va nella società come gli viene presentata, ma non sa cosa sia questa cosa che non va.
"Sente" che la realtà non è esattamente quella che gli viene raccontata dai mass media, ma non ha mezzi per contrastare questa sensazione. Ed essendo il depresso spesso una persona sensibile e intelligente, giustamente mette in discussione se stesso prima della società, e pensa che la chiave di ciò che non va stia in lui, non nella società.
Ma il punto è questo: la realtà è veramente diversa da come ce la presentano. E', in effetti, senza senso, o perlomeno, non ha il senso con cui ci viene presentata dalla cultura ufficiale. Di questo aspetto abbiamo parlato tante volte nel nostro blog e, anzi, possiamo dire che, in fondo, un po' tutto il blog e il percorso fatto in questi anni è volto a cercare di capire la realtà come effettivamente è, e non come ce la presentano (www.paolofranceschetti.blogspot.com).
Quanto al senso di irrealtà che spesso il depresso sente, è quindi una sensazione dovuta spesso al fatto che in effetti molti aspetti della realtà in cui viviamo sono effettivamente irreali.
Il depresso (ma anche la persona che ha il classico disagio giovanile), possiamo concludere, è semplicemente una persona che ha delle sensazioni corrette, ha cioè una reazione sana ad una società non solo malata, ma basata su una sorta di realtà virtuale.


4. Brevi cenni sulla cosiddetta "mancanza di senso della realtà" del depresso.

Tutta la nostra società è costruita, in realtà per mandare in depressione le persone sensibili e intelligenti, e mandare avanti le persone maggiormente adattabili e allineate col sistema.
Molte cose le abbiamo già dette in alcuni articoli e quindi non le ripeterò (La manipolazione spirituale dei mass media; La magia, cos'è e perché viene utilizzata in segreto).
Qui mi limito solo ad alcune osservazioni.
In una società in cui il metro di valutazione del valore di una persona e della sua bravura è il guadagno, le persone che guadagnano di più sono i calciatori, i presentatori TV e alcuni attori di successo, nonché alcuni top manager di alcune grandi aziende.
Le persone che guadagnano di meno sono in genere gli artisti, i poeti, i mistici, i filosofi, gli insegnanti.
Il Dalai Lama, il capo di stato più saggio del pianeta, va in giro detronizzato, senza stato e con pochi soldi, vestito con dei sandali e una tonaca. I presidenti degli USA che, dopo l'eccezione costituita da Kennedy, rappresentano la punta più bassa dell'intelligenza umana, incapaci di esprimere un qualsiasi concetto originale e intelligente, sono a capo della nazione più potente del pianeta.
Nell'arte, le persone capaci e con talenti vengono messe da parte, e spesso da piccoli consigliate di cambiare lavoro, per trovarsi un "lavoro serio". Mi è capitato spesso di vedere persone con grandi talenti artistici che quando, finalmente, non riuscendo a mantenersi altrimenti, trovavano un lavoro alle poste, o come magazziniere, si diceva di loro che "finalmente ha messo la testa a posto".
In altre parole, la nostra società esalta i lavori più inutili e demenziali, e disincentiva quelli che elevano le persone spiritualmente.
Per giunta nell'ambito dei vari lavori, professioni e carriere, si può constatare come ai vertici ci siano spesso le persone più incompetenti.
In politica ai vertici dei vari ministeri vengono messe persone con competenze completamente diverse (quindi alla giustizia abbiamo trovato ingegneri, medici, o addirittura persone non laureate; alla sanità abbiamo laureati in tutto tranne che in medicina, ecc.).
I politici più famosi sono spesso incapaci di esprimere anche solo una frase di media intelligenza e si tratta di persone a cui uno non chiederebbe un consiglio neanche per comprare del pane.
Gli avvocati più famosi e più pagati sono spesso completamente incompetenti.
Parlando con professori universitari, spesso uno dentro di se si ritrova a dire "sarà pure un genio nella sua materia, per arrivare fin qui, ma certo a me sembra un cretino come persona".
Ai vertici della polizia o dei carabinieri troviamo persone che non hanno mai fatto un'indagine in vita loro. Mentre i poliziotti e i carabinieri più in gamba vengono messi da parte, relegati in mansioni ove non possano fare fastidio.
Nel mondo dello spettacolo, tranne qualche eccezione come Fiorello (dotato di intelligenza e bravura), abbiamo spesso persone che a trovarsele come vicine di tavolo ad una cena ti farebbero addormentare dopo pochi minuti.
Nell'arte prevalgono i mediocri e si arriva a paradossi come quelli di Jeff Koons, uno degli scultori più famosi al mondo, il quale scolpisce falli rosa e altre amenità, o Arnaldo Pomodoro, le cui sculture fanno ridere più ancora del nome che porta, per non parlare di altri come Patrick Tuttofuoco, le cui sculture sarebbero fantastiche per abbellire un giardino, ma il mio amico Valerio me le farebbe meglio e a miglior prezzo (sono infatti sculture molto simili al Garpet di Aldo Giovanni e Giacomo).
Nella musica, scomparsi grandi gruppi come Pink Floyd e Genesis, vendono milioni di copie i dischi di Lady Gaga e Gangnam Style, mentre artisti come Edoardo De Angelis o Eugenio Bennato non se li fila nessuno.
Nella fotografia invece la foto più pagata al mondo (svariati milioni di euro) si intitola "99 cent", e somiglia molto alle foto che io ho scattato nella mia vacanza in America (tant'è che l'ho inserita nelle foto su facebook che ho scattato in Florida, e nessuno si è accorto della differenza), mentre il mio amico Daniele Vita, che scatta foto che sembrano poesie, pur essendo considerato bravo e stimato in ambito locale, in certi periodi ha faticato a pagare l'affitto di casa.

Spesso quindi la depressione nasce, inconsciamente e inconsapevolmente, dal fatto che l'anima si pone questa domanda: ma cosa hanno queste persone che io non ho? Perché io non riesco in quello che faccio e lui sì? Quali sono DAVVERO le regole per potersi esprimere, per poter realizzare quello che uno vuole, perché la vita cominci a funzionare?

Abbiamo poi altre contraddizioni.
Le facoltà che offrono maggiori possibilità di lavoro sono - guarda caso - quelle tecniche.
Le facoltà che offrono meno sbocchi sono quelle artistiche, filosofiche e letterarie.
In altre parole, gli studi più remunerativi sono quelli ove meno contano la fantasia, l'intelligenza, la creatività e l'elevazione spirituale.
Le persone che danno qualcosa, che aiutano gli altri a crescere spiritualmente, che offrono loro un appoggio nella vita, o uno spunto di riflessione, o sono la causa scatenante di un cambiamento di prospettiva psicologica o spirituale, sono spesso psicologi, preti, docenti, insegnanti di discipline alternative, autori di libri filosofici, psicologici, spirituali.
Non mi è mai capitato di sentire qualcuno (amici, parenti, conoscenti) aver preso mai un qualsiasi spunto di riflessione, una massima, una regola, un concetto, un esempio di vita, da Gerry Scotti, Bruno Vespa, Maurizio Costanzo, o da un politico qualsiasi. Eppure sono questi i modelli di riferimento con cui ci si confronta quotidianamente. E quindi sono questi i modelli con cui inconsciamente molti giovani si confrontano e a cui poi, sempre inconsciamente, tenderanno.
Si sente spesso dire, ad esempio, "voglio diventare famoso", "quando diventerò famoso", come se l'essere famosi equivalesse al raggiungimento di un risultato, ad un appagamento, ad una meta. Senza tenere conto che la cosa importante dovrebbe essere il diventare famosi perché si è realizzata una cosa bella, che sia manifestazione della propria personalità, mentre la notorietà come fine in se stesso non assicura nulla (come accade per la maggior parte dei divi della TV, che sono famosi solo perché... sono famosi; e poi cadono in depressione quando perdono la notorietà).
Nella mia vita le persone che mi hanno aiutato a riflettere, a crescere, che mi hanno dato spunti, più o meno importanti, sono stati personaggi come Yogananda, Osho, Givaudan, Aivanhov, Kriyananda, un tempo Erickson, Schellembaum, Daco, Norwood; tra le persone che conosco personalmente posso citare Gabriella Carlizzi, Carpeoro, Cammerinesi, Carotenuto, padre Rolando (che non lo conosce nessuno perché vive in cima a un monte) e tanti altri.
Mai, e sottolineo mai, ho preso un solo spunto di riflessione da Liguori, Vespa, Costanzo, Santoro, Gerry Scotti o Paolo Bonolis, né ho mai preso un solo spunto da autori noti e pure coltissimi come Umberto Eco, incapace di esprimere il benché minimo pensiero spirituale per il progresso del lettore (anzi, le sue opere segnano spesso un regresso, perchè in genere sottilmente e con umorismo, nonchè con molta intelligenza smonta tutti i principali concetti spirituali e arriva a negare l'esistenza dei rosacroce, confraternita di cui invece lui fa parte, ovviamente nel ramo deviato).
Le persone che mi hanno dato qualcosa, insomma, sono sempre state e sono tuttora persone poco note e poco conosciute, spesso nullatenenti.

Nel nostro blog abbiamo in questi anni cercato di dimostrare due cose, tra le tante: che il denaro è creato dal nulla, dalle banche, per portare alla distruzione gli stati e sottomettere il cittadino; e che l'esoterismo è una materia fondamentale, ben conosciuta da chi sta al potere, tanto da essere tenuta segreta alle masse.
Tenendo presenti questi due presupposti, è singolare notare come chi fa del denaro una ragione di vita e pensi solo a guadagnare di più, viene stimato, talvolta considerato un po' avaro e egoista, ma in fondo apprezzato; chi invece si occupa di esoterismo è considerato un mezzo matto, buono spesso per una clinica psichiatrica. Berlusconi è un esempio da imitare; Yogananda lo conoscono in pochi, ma soprattutto chi decidesse di imitarlo seguendone le orme verrebbe preso per matto.
Se un figlio a 18 anni dice "papà, ho deciso che vado a lavorare in una grande multinazionale di New York" (cioè decide di andare a vivere in una metropoli con ritmi di vita folli, a vivere avendo unicamente come fine il guadagno), la maggior parte dei genitori non avrebbe nulla da obiettare; se il figlio dicesse "ho deciso di andare a vivere in una comunità che aiuta i lebbrosi in Africa", verrebbe preso a calci nel sedere.
La figlia che decide di andare in convento per seguire le orme di Gesù, diventa una tragedia familiare; se la stessa figlia diventasse l'amante di Berlusconi e in cambio questi le procurasse un posto in parlamento, probabilmente diverrebbe l'orgoglio di mamma e papà.

Stando così le cose, vivendo in una società che sembra funzionare al contrario di ciò che è logico e normale, è una conseguenza assolutamente naturale che la persona intelligente, con talenti, cada in depressione.
Riguardo alla depressione, allora, la domanda corretta non è "come mai è depresso?". La domanda corretta è "come potrebbe non essere depresso?".
Quando un giovane ha segni di malessere e sembra depresso, non bisognerebbe parlare di "disagio giovanile", ma di disagio della società.
Quando Marco C., un ragazzo di sedici anni che mi scrive su facebook, mi dice che pensa al suicidio, non mi viene da pensare "poveraccio, quanto sta male", ma "ecco un ragazzo intelligente e sano... speriamo che capisca presto che il problema non è in lui ma nella società".
Al depresso non manca il senso della realtà; il depresso invece istintivamente percepisce che qualcosa non va, che la vita è un inganno, che le cose non stanno esattamente come ce le presentano. Ma non sa cosa fare e come uscirne.


5. Come si cura.

La cura della depressione, quindi, passa spesso per quattro vie:
1) una maggiore conoscenza della realtà in cui viviamo;
2) il ribaltamento di alcune prospettive che ci vengono inculcate fin da piccoli;
3) la trasformazione dell'esistenza da materiale in spirituale, cosa che la società attuale cerca di contrastare;
4) il potenziamento della volontà.

Occorre innanzitutto partire dalla conoscenza della realtà in cui viviamo. Occorre cioè capire come funziona esattamente il sistema in cui viviamo, e come e perché la realtà in cui viviamo sia una sorta di illusione, una vera e propria matrix.

Questo porta a ribaltare alcune prospettive, come quelle di considerare malato il depresso, e sana la persona adattata.

Successivamente occorre iniziare un cammino spirituale.
Fin da piccoli, infatti, veniamo privati di qualsiasi prospettiva spirituale, e non ci vengono fornite le risposte alle domande principali dell'esistenza: perché viviamo, perché muoriamo, che senso ha il mondo, l'esistenza di Dio.

Parallelamente occorre iniziare un percorso di sviluppo della propria forza di volontà. E' la volontà infatti che ci permette di fare qualsiasi cosa, ma purtroppo viviamo in una società in cui si insegna di tutto (dal taglio e cucito, al cucinare, all'origami) ma non a dirigere la nostra volontà per ottenere nella vita i risultati che vogliamo.

Il percorso è reso poi particolarmente difficile per la carenza di centri, persone, guide, nelle principali città, quindi spesso si procede a caso, e senza un metodo ben preciso, nell'impossibilità di confrontarsi con amici e parenti.
Si tratta quindi di un percorso difficile, perché occorre colmare un vuoto formativo che parte dai primissimi anni di vita; ma affascinante, costruttivo, e necessario per poterci riappropriare del bene più prezioso che la società cerca di toglierci: la felicità, la serenità, il senso della vita e l'armonia tra noi e il mondo.
Ovviamente questo discorso non è volto ad escludere la terapie tradizionali, dalla cura farmacologica a quella psicanalitica, tuttavia queste strade sono da considerarsi alcune delle tante possibili, a seconda della personalità del soggetto, del problema scatenante, e delle problematiche karmiche.
Lo psicologo e lo psichiatra non dovrebbero essere i depositari della verità sulle cure della depressione, ma solo degli esperti settoriali, accanto ad altre possibili figure, quali il prete, il monaco, il coach, l'esperto di relazioni karmiche, lo yogi, il formatore, e altre figure che tradizionalmente si occupano di benessere dell'anima.
La chiave della cura delle depressione, in realtà, è detenuta solamente da noi stessi, dopo che ci saremo riappropriati della conoscenza di noi stessi, in un percorso individuale che non dovremmo mai delegare ad altri.


6. Il grande inganno di Freud e Jung.

La psicanalisi, avendo come punti di riferimento Jung e Freud, si basa su di un grandioso inganno. Entrambi infatti erano massoni, il primo pare fosse addirittura un rosacroce ed è considerato da molti l'ultimo grande alchimista; il secondo apparteneva quanto meno alla massoneria del B'nai B'rith, ma probabilmente anche ad altre obbedienze.
Questo significa che loro conoscevano bene il concetto di spiritualità e il concetto di via spirituale; la massoneria (quella non deviata, quindi oggi praticamente introvabile) è un percorso di perfezionamento dell'uomo che ingloba lo studio di diverse tradizioni spirituali.
Se Freud ha deliberatamente ingannato le masse e i suoi studenti, non altrettanto può dirsi per Jung, che entrò invece in conflitto con il primo proprio per la differenza di metodo, completamente privo di spiritualità l'uno, molto spirituale l'altro.
La privazione della parte spirituale dall'opera di Jung è avvenuta ad opera dei suoi successori, che hanno distrutto completamente il suo lavoro, cosicché attualmente tra una psicanalisi junghiana e una freudiana la differenza è quasi solo nominale, e meno accentuata rispetto a quello che dovrebbe e potrebbe essere.
La maggior parte degli studenti e degli operatori psicologici, però, non conoscono l'inganno e non sono in grado di rendersene conto da soli, essendo il sistema universitario strutturato per occultare certe verità e promuovere normalmente le persone più sottomesse al sistema; il risultato è che la maggior parte degli psicologi e degli psichiatri, anche junghiani, è completamente all'oscuro di tutta la parte spirituale del lavoro di Jung, e ignora persino cosa significhi il termine "rosacroce".
Su questo argomento rimando a un mio precedente articolo:
http://paolofranceschetti.blogspot.it/2012/11/la-magia-cose-perche-funziona-e-per.html

Qui mi limito solo a sottolineare che, con queste premesse, non c'è da stupirsi che gli psicologi e gli psichiatri più in gamba, spesso abbandonino la strada ortodossa, e si dedichino a integrare il loro percorso di studi con la naturopatia, la bioenergetica, lo yoga, ecc. Cioè, in altre parole, integrino il loro percorso psicanalitico con altri studi, molto più vicini a quelli dello Jung originale. E trasformino la psicologia in quello che veramente dovrebbe essere: lo studio dell'anima.


7. In conclusione.

La depressione non è una malattia, ma spesso la reazione (sana) ad una società malata.
Le persone depresse sono in genere quelle più sensibili e intelligenti.
La depressione non deve essere necessariamente curata: spesso è necessario semplicemente riacquistare il senso della vita (propria e altrui).
La depressione non è una malattia della mente, ma una condizione (o meglio, uno stato) dell'anima.
La depressione, come ha scritto qualcuno, può anche essere un dono. Un'occasione della vita per permetterci di rialzarci riscoprendo finalmente la verità su noi stessi e sul senso della nostra esistenza.



Su spiritualità e depressione v. anche:

http://www.coscienza.org/_ArticoloDB1.asp?ID=975

http://www.jacquesvigne.com/JV/italiano/Depressione_e_Spiritualita.htm

http://www.buonanotizia.org/index.php?view=article&id=2401%3Ausa-studio-religione-e-spiritualita-riducono-rischi-depressione&option=com_content

http://www.libreriadelsanto.it/libri/9788839916792/percorsi-nella-depressione.html

http://www.macrolibrarsi.it/libri/__il_dono_della_depressione.php

http://www.meditare.net/drupal/node/1481

http://www.robertapiliego.it/articoli/166-oltre-la-psicologia-un-cammino-spirituale-per-i-tempi-moderni



Dedicato:

a Luca, che ha scatenato la stesura definitiva di questo articolo e mi ha scritto: "Il problema Paolo è quando la cosa diventa così invasiva a tal punto da farti avere paura d'impazzire, da non riuscire a trovare niente che ti dia serenità, continuamente assalito da queste nausee derealizzanti e depersonalizzanti che sono atroci...perdi i confini di te e non riconosci la realtà che ti circonda...! Tutto perde la sua vividità, come se ci fosse un velo percepibile che ti separa dal mondo lasciandoti da quest'altra parte".
Un giorno capirà che perdere il confine di noi stessi è la normalità, e non riconoscere la realtà che ci circonda è la cosa più sana da fare per cominciare a guarire.

A MP, che mi diceva sempre: "ho come la paura di perdere il controllo, di capire che la realtà che vediamo è in realtà una finzione". Dentro di me ho sempre sentito che aveva ragione lei, anche se all'inizio non la capivo completamente. Peccato solo che lei stessa non si sia mai data ragione veramente.

Al me stesso di tanti anni fa, perché avrei voluto qualcuno che certe cose me le spiegasse prima. Avrei risparmiato tempo e fatica.

A tutte le persone depresse che ho incontrato nella mia vita, perché ho sempre sentito istintivamente che non erano loro le persone malate.

A Kyo, che un giorno per caso mi ha insegnato il Daimoku, e da quel giorno, ormai sono sette anni, mi è scomparsa per sempre qualsiasi traccia delle profonda depressione che mi aveva sempre corroso fin da bambino. Da quel giorno ho avuto anche la definitiva conferma della tante mistificazioni della psicologia, ed è iniziato il percorso di studi dei mantra, della meditazione, e dei suoi effetti.

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